Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn

Giuseppe Perottino, classe 1925, ci parla di una Savigliano in cui a scuola si insegnava soprattutto la disciplina e la pulizia della persona; dove c’era differenza tra un borgo e l’altro perché la povertà ne invadeva alcuni e ne tralasciava altri. Per lui, Savigliano era divisa tra città e campagna solo durante la guerra, quando in città c’era il pane nero e in campagna quello bianco perché lo cucinavano in casa. Spiega cos’erano i Vacrot e il motto “Fare San Martino”, quando i fittavoli tornavano in città, l’11 novembre di ogni anno, chiudendo così la stagione agricola. Le donne erano costrette ad obbedire al marito e a fare le casalinghe, poche lavoravano nelle filande o addirittura alla SNOS, luogo poco adatto alle donne, soprattutto durante i turni di notte. Dopo 43 anni di lavoro nel reparto tecnico della SNOS, Giuseppe ci spiega che per farsi assumere non c’era bisogno di troppe raccomandazioni dato che di lavoro ce n’era in abbondanza, si entrava come scauda ciò e si faceva carriera diventando operai. Giuseppe ha frequentato la Regia Scuola Industriale, descrive la disciplina che vigeva durante la guerra, le Società di Mutuo Soccorso, il materiale bellico e gli aerei che erano prodotti e la discriminazione nei confronti degli antifascisti, i quali furono addirittura rinchiusi in carcere per la visita di Mussolini. Ricorda il 15 marzo del 1943, quando i reparti montaggio e falegnameria della SNOS hanno scioperato e i lavoratori maggiorenni sono stati denunciati e portati di fronte al Tribunale Militare per essere condannati. Parla con amarezza dell’11 aprile del 1945, quando fu arrestato dalle Brigate Nere, appellativo attribuito ai fascisti dai saviglianesi, interrogato e torturato per diciotto lunghi giorni, fino alla liberazione avvenuta il 29 aprile. Anche Giuseppe, come gli altri testimoni, si ricorda della visita di Mussolini a Savigliano e fa riferimento ad un episodio in particolare, quando gli antifascisti han piazzato la scritta “Chi si ferma è perduto”, dove si sarebbe dovuto fermare il Duce, fatta poi spostare all’ultimo. Giuseppe ha vissuto anche la crisi della SNOS nel 1950-1951, quando diversi operai per mancanza di lavoro, furono licenziati.
Giuseppe parla pero anche dei tempi più spensierati dopo il conflitto, quando tutti partecipavano alla Festa della Sanità, al “Mercoledì delle merende” sul prato, quando erano di moda i balli pubblici, quando ci si ritrovava all’osteria “Piccolo Torino”( ma che chiamavano “Virtuiot”). E si intrattiene sui personaggi di Savigliano come il famoso Mario Re Cit, ultimo pescatore di Savigliano, o Tintabiri, verniciatore di case.

(Dalla raccolta “La Città ritrovata” – Il video integrale – durata 01:02:02 – è conservato presso l’Archivio Storico Città di Savigliano)

 

Tutti i diritti sono riservati. È vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente portale, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi, illustrazioni comprese, mediante qualunque piattaforma tecnologica, senza previa autorizzazione scritta del Comune di Savigliano.


Titolo originale: La Città Ritrovata – Giuseppe Perottino
Datazione: Anni '30 - 2009
Argomento: Lavoro e occupazione; Individuo e società; Economia; Gruppi, movimenti, organizzazioni